Il Ministero dell’Ambiente ha emanato la circolare n. 0015786 del 10 novembre 2017 fornendo dei chiarimenti in merito ai materiali da riporto citati anche all’interno del DPR n. 120/2017 riguardante la corretta gestione delle terre e rocce da scavo.

Che cosa si intende per “matrici materiali da riporto”?

“Miscela eterogenea di materiale di origine antropica, quali residui e scarti di produzione e di consumo, e di terreno, che compone un orizzonte stratigrafico specifico rispetto alle caratteristiche geologiche e stratigrafiche naturali del terreno in un determinato sito, e utilizzate per la realizzazione di riempimenti, di rilevati e di reinterri”

Chiarimenti della Circolare

Il DPR 120/2017, all’art. 4 comma 3 stabilisce, per le terre e rocce da scavo qualificate come  sottoprodotti, che:

  • devono contenere una componente di materiali di origine antropica non superiore al 20% in peso (da quantificare secondo i contenuti presenti nell’Allegato 10 del DPR);
  • le matrici materiali di riporto siano sottoposte al test di cessione, eseguito secondo quanto indicato all’Allegato 3 del Decreto del 05/02/1998, per verificare il rispetto dei limiti di contaminazione delle acque sotterranee (Tabella 2, Allegato 5, Titolo 5, Parte IV del D. Lgs. 152/2006), oltre ovviamente al rispetto dei requisiti di qualità ambientale riportati al comma 2, lettera d).

Le terre e rocce, invece, qualificate come non rifiuto devono rispondere ai requisiti di cui all’art. 185, comma 1, lettera c) del D. Lgs. 152/2006, devono avere il requisito di non contaminazione dettato dall’Allegato 4 del DPR 120/2017 ed essere riutilizzate nello stesso sito di produzione. Inoltre i materiali da riporto devono sempre essere sottoposti a test di cessione.

Riassumendo:

  1. se la componente antropica non supera il 20% in peso le terre e rocce possono essere gestite come sottoprodotti;
  2. se non contaminate e conformi al test di cessione possono essere riusate in situ in quanto qualificate come non rifiuti;
  3. se sono contaminate e non conformi al test di cessione, si può rimuovere la fonte di contaminazione tramite bonifica, oppure si può porre l’area in sicurezza permanente, usando le migliori tecniche disponibili e a costi sostenibili, o si possono eseguire operazioni di trattamento per rimuovere i contaminanti e rendere così conformi i materiali al test di cessione.

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