Che cosa possono avere in comune questi due elementi? Apparentemente nulla, in realtà il professor Norberto Roveri, direttore del Laboratorio di Strutturistica Chimica Ambientale e Biologica (LEBSC) presso il Dipartimento di Chimica dell’Università di Bologna e l’imprenditore Paolo Gualandi, presidente della Coswell SpA la pensano diversamente.

In Italia, secondo il Dipartimento Installazioni di Produzione e Insediamenti Antropici dell’INAIL, a giugno 2013 le discariche presenti sul territorio nazionale per lo smaltimento di amianto erano 73, di cui 19 in esercizio ed 8 Regioni (per la maggior parte al Sud) ne sono sprovviste. Con la Legge n. 257/1992 è stato messo al bando l’utilizzo dell’amianto e l’Italia, primo paese in Europa a procedere con questa operazione, è alle prese con la dismissione dei prodotti che ne contengono e non è assolutamente in grado di fronteggiare l’eventuale emergenza sanitaria che potrebbe scaturire.

Il brevetto, depositato dalla Chemical Center, descrive un processo biotecnologico di distruzione dei prodotti di amianto usando il siero esausto del latte.

Come avviene questo processo? La reazione chimica, derivante dall’unione dei due elementi, libera anidride carbonica, lasciando sul fondo calcio e fibre di amianto, che non devono essere smaltite in discarica ma possono essere distrutte in totale sicurezza in un processo secondario. Il processo si basa su due stadi:

  1. solubilizzazione della componente cementizia;
  2. denaturazione completa delle fibre di amianto a 180°C.

Entrambe le fasi avvengono completamente in immersione nel siero del latte, senza alcuna possibilità di immissione di fibre di amianto in aria. Tale processo permette di ottenere prodotti come idropitture, idrossido di calcio, carbonato di calcio, concimi e soprattutto metalli (magnesio, nichel, manganese, ferro…) di valore commerciale e di difficile reperimento in Italia, che vengono depositati elettronicamente, ottenendo come unico scarto acqua scaricabile in fognatura.

Progetto-amianto_-trattamento-amianto

Chemical Center srl ha ceduto in  licenza il brevetto per la costruzione dei primi prototipi dell’impianto industriale: la Friulana Costruzioni srl ha acquistato la licenza per le regioni del Nord Italia esclusa l’Emilia Romagna, mentre la Project Resource Asbestos srl ha acquistato al licenza per Puglia, Molise e Campania.

Il caso pugliese

Il progetto del primo impianto di inertizzazione dell’amianto tramite siero del latte era stato ubicato a Melpignano, piccolo centro della Puglia, ma è stato bloccato per l’opposizione della popolazione. E’ stato quindi spostato ad Andria, dove è in fase di Valutazione di Impatto Ambientale.

Uno dei punti di forza del progetto è costituito dal riciclo non solo del siero del latte, ma anche di altri scarti di lavorazione, purchè sufficientemente acidi, come quelli derivanti da attività tipiche della Regione in cui sorge l’impianto (viticoltura o spremitura delle olive). Per trattare 10 ton di amianto al giorno occorrono da 50 a 1000 ton di siero di latte, una quantità di cui tuttavia la zona non dispone. Inoltre non si è chiaro come la reazione chimica tra amianto e siero di latte possa riprodursi con gli altri reflui acidi sopra menzionati.

La Camera ha risposto che ISPRA (Istituto Superiore per la Ricerca Ambientale) non è mai stata coinvolta nella valutazione del progetto e che non ha nemmeno le indicazioni tecniche per procedere alla valutazione dello stesso.

Chemical Center srl ha ora depositato un progetto (in data 13/10/2016) al Ministero dell’Ambiente, al Comune di Lecce ed alla Regione Puglia, per realizzare un prototipo sperimentale dimostrativo di un impianto di trattamento per manufatti in cemento amianto attraverso il siero del latte (potenzialità di 20 kg/ciclo) nella zona industriale di Cavallino, nel Salento.

Dal 2020 addio a discariche e inceneritori

In Francia e in Germania vengono usati procedimenti termici  che cristallizzano e rendono inerte l’amianto a circa 800°C, usando la lampada al plasma, efficace ma costosa con un costo di circa 900 €/ton e liberando gas inquinanti in atmosfera.

asbestos-hazard-1001056_960_720In Italia si predilige lo smaltimento in discarica, con un costo di 140 €/ton, ma è una soluzione pericolosa e non a lungo termine poichè l’amianto viene imballato e smaltito in discariche costituite da cave di pietra esausta rivestite di polimeri. Le balle di amianto vengono pressate per essere meglio infossate, ma tale pratica frantuma l’amianto all’interno degli imballi, rendendolo volatile e cancerogeno nel momento in cui l’involucro di plastica, fra 20-30 anni, si romperà e le fibre si libereranno inquinando le falde acquifere.

La Commissione Europea ha stabilito di bandire inceneritori e discariche entro il 2020: il metodo elaborato sfruttano il siero esausto del latte renderebbe inutile la creazione di nuove discariche e potrebbe addirittura rendere possibile la bonifica di quelle già esistenti. Uno dei principali benefici economici è che il siero del latte, rifiuto dell’industria agroalimentare, potrebbe così trovare un impiego a smaltimento “zero” costo e impatto ambientale.

Spetta ora al Ministero dell’Ambiente valutare i risultati e decidere sull’autorizzazione e sull’eventuale rilascio di fondi per la costruzione del primo impianto.

Dubbi e perplessità

Dai risultati ottenuti sembra tuttavia che l’amianto, al termine del processo di denaturazione, non scompaia completamente, ma che si riduca soltanto (si passa da una concentrazione del 12% ad una del 2%): dove finiscono quindi i residui? Dove stoccare i filtri degli impianti che li conterranno? Se ci sono residui, i sottoprodotti della lavorazione saranno totalmente liberi dall’amianto?

Il mesotelioma maligno, un tumore la cui causa principale è l’esposizione a fibre di amianto, e tutte le patologie correlate all’asbesto sono in forte e, considerato il lungo periodo di latenza tra l’esposizione e l’insorgenza della malattia, si stima che il picco di manifestazione delle neoplasie più aggressive sarà il 2022.

Lo smaltimento di rifiuti contenenti amianto continua a prevedere costi molto elevati, a causa dell’assenza di discariche e di impianti adeguati all’inertizzazione, favorendo così il fenomeno dell’abbandono abusivo nelle campagne delle classiche coperture ad onduline che, nel momento in cui si degradano, immettono nell’aria le fibre pericolose per la salute umana.

Il Piano Nazionale Amianto del 2012 non è ancora stato attuato, mentre alcune associazioni sindacali ribadiscono come sia necessario classificare Siti di Interesse Nazionale le discariche di amianto, incentivare con sgravi fiscali lo smaltimento dei rifiuti contenenti amianto e prevederne il conferimento gratuito in discarica, definire un limite massimo di vita (25/30 anni) per i materiali contenenti amianto.

Cosa serve quindi? Serve una verifica e valutazione di questo nuovo processo biotecnologico in modo tale che ogni territorio abbia il proprio impianto di trasformazione, con la speranza di procedere al più presto per la costruzione di impianti che permettano di inertizzare le fibre al fine di ridurre il numero delle vittime causato dal mesotelioma dovuto all’esposizione di fibre di amianto, al momento paurosamente preponderante in Italia.

Leggi anche il nostro articolo Amianto naturale: le pietre verdi calabresi.

 

 

 

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